I treni di Parigi

La metropoli di Parigi è servita da una rete ferroviaria che forma quattro cerchi concentrici e permette ai cittadini di raggiungere rapidamente un qualsiasi luogo della città. Ogni percorso è composto di due binari separati, uno di andata e uno di ritorno, così che nessun incontro in senso opposto è possibile. Ciascun binario è sopraelevato, corre lungo i marciapiedi dei boulevard ed è sostenuto da eleganti colonne di bronzo galvanizzato.

I convogli, leggerissimi, rapidi e confortevoli, si susseguono ogni dieci minuti e trasportano mille passeggeri.

Come funzionano? Ad aria compressa! Al centro di ciascun binario corre un tubo vettore di venti centimetri di diametro dentro al quale scorre un disco di ferro dolce sospinto da un potente flusso di aria compressa, come la freccia in una cerbottana. La prima vettura è dotata di potenti magneti, posti tra le ruote, molto vicini al tubo vettore ma senza contatto. I magneti risentono del passaggio dei dischi di ferro dolce e così il treno viene trascinato. Per fermare il treno, un addetto alla stazione apre un rubinetto e fa uscire il gas compresso dal tubo, il disco si ferma e così anche il convoglio. Per ripartire basta richiudere il rubinetto.

E da dove proviene l’aria compressa? Se ne occupa la Società delle Catacombe di Parigi e della forza motrice a domicilio.  Il lavoro della Società è quello di immagazzinare aria compressa in quegli immensi sotterranei rimasti così a lungo inutilizzati. Milleottocentocinquantatrè mulini a vento sono collegati a pompe che comprimono l’aria nel sottosuolo di Parigi.

E’ così che, nel 1863, lo scrittore Jules Verne immagina come saranno le comunicazioni metropolitane di un secolo dopo. Il romanzo, intitolato Parigi nel XX secolo (Paris au XXe siècle) ha come protagonista un giovane poeta in versi latini che non ha più un futuro in un mondo dominato dalla tecnologia e dalla cultura scientifica, un mondo che non ha più bisogno di letterati e artisti.

“Troppo pessimista” disse l’editore di Verne e gli consigliò di pubblicarlo dopo una ventina d’anni. Verne riposte il manoscritto in una cassaforte. Il libro fu scoperto da un pronipote di Verne solo nel 1989 e pubblicato in Francia nel 1994.

E’ curioso vedere come Verne immaginava il futuro. Ritroviamo fra le invenzioni descritte nel libro il calcolatore meccanico somigliante ad un triste pianoforte, il fax (chiamato da Verne facsimile), le automobili a gas e una rete di comunicazione mondiale, sia pure telegrafica…


Alcune immagini dal film di animazione “La Diabolica Invenzione” del cecoslovacco Karel Zeman, ispirato al racconto di Verne Face au drapeau (1896)