Prigionieri!

Un pomeriggio d’autunno si ritornava, io e il Fino, da Brusadaz sul sentiero basso delle calchère. Appena passata la curva di Costa Biénca, un filo di fumo, che saliva da sotto, attirò la nostra attenzione e curiosità. Scendemmo cauti per il pendio molto erto fino all’orlo di una vecchia frana. Ma qui potemmo osservare che sotto avevano costruito un casòt del quale noi vedevamo solo il tetto composto di qualche lamiera.

Il fumo saliva da lì.

Ci avvicinammo ancora un po’ finché:

“Alto là! Siete prigionieri!”

Erano i due fratelli De Marco da Brusadaz.

Ci presero e ci spinsero dentro con forza nel piccolo casòt.

“Ora starete qui fin che vogliamo noi” dissero e ci calcarono nel fondo che era molto angusto e si stava a mala pena rannicchiati.

Sul fuoco bollivano delle patate in un vaso di latta e, più tardi ce ne fecero mangiare anche a noi sebben non fossero ancora cotte (ai prigionieri bisogna pur dare da mangiare!).

Il Fino mordeva i freni, fremeva e pensava già come avrebbe potuto vendicarsi appena libero.

Finalmente verso sera ci dissero: “Andate pure, siete liberi, ma non voltatevi nemmeno indietro, siete sotto il tiro delle nostre fionde”.

Salimmo in fretta per l’erta fino ad un sentiero dove, per fortuna, eravamo già fuori dalla loro vista; allora il Fino cominciò a raccogliere sassi e lanciarli sopra il casòt, io feci altrettanto e così loro dovettero andare al riparo dalla fitta sassaiola e subirsi i colpi dei sassi sulle lamiere del tetto.

Il Fino era soddisfatto e lanciava qualche sasso anche correndo sul sentiero per avvicinarsi il più possibile al paese, quindi, con quattro balzi arrivammo sulla Strada Bela e a casa.

Noi non andammo più a vedere di quel casòt, ma siamo venuti a sapere che i nostri nemici stessi lo avevano distrutto e abbandonato perché era stato scoperto ed erano andati a costruirsene un altro al sicuro verso i loro pascoli del Tamài.

Al Fino e àutre storie – sommario