La notte di Gianni

L’inverno del ’29 fu molto nevoso e freddo tanto che gelò la laguna di Venezia.

Un giorno Giovanni, il cugino che abitava al pian terreno della nostra casa dei Mariét, anche se nevicava in modo piuttosto preoccupante, volle lo stesso, da solo, scendere a Fusine a scuola.

Frequentava la quinta classe, al pomeriggio, e quel giorno nessuno dei suoi coetanei vollero seguirlo.

Anche i genitori lo sconsigliavano, anche i più anziani, ma egli: nulla!

Partì affondando nella neve fresca, a balzi, come i caprioli che la discesa era quasi un gioco per lui.

Continuava a nevicare e la neve si ammucchiava e il vento livellava ogni buca, ogni traccia del sentiero scavato profondo e, forse, la maestra lo fece partire un po’ prima dell’ora di uscita, ma la salita del ritorno si mostrò subito un’impresa impervia e pericolosa.

Intanto era venuto buio e la tormenta non cessava di fischiare e togliergli il respiro.

A casa cominciarono a stare in pensiero vedendo che la neve saliva in maniera abnorme in poco tempo. Partirono degli uomini, ma non arrivavano nemmeno alla Chiesa.

Sprofondarono nella neve fresca fino ai fianchi e cercavano di procedere a spallate ma lavoro inutile: non avanzavano di un metro, e ritornarono in paese. Non restava che pregare.

Quella notte di tregenda nessuno in paese chiuse occhio. Il vento fischiava nel camino e le donne, rosario in mano, pregavano e piangevano.

Ad un certo punto, all’una di notte, il Vico, prima di coricarsi, volle vedere, rendersi conto del tempo, di quanta neve era caduta, della bufera che ancora urlava e sbatteva le imposte e fischiava nel camino. Uscì ed un colpo di vento gli sbatté la neve in faccia ed udì un flebile lontano richiamo di aiuto. Intuì quello che stava per accadere e svelto come era lui, si mise gli scarponi, i gambali, il mantello, il berrettone di lana, prese un lume ed uscì nella tormenta dirigendosi con grande fatica verso il punto da dove partivano quei richiami.

Poco sotto il “tabià grant” verso il “col da boz” Giovanni stava lottando con le ultime forze che gli rimanevano contro la neve che opponeva una immensa resistenza.

I piedi sprofondavano nella neve fresca e non poteva più alzare le gambe per fare un passo; procedeva affannosamente quasi a nuoto e non avanzava che di qualche centimetro alla bracciata; le forze stavano per abbandonarlo quando all’improvviso, quasi un miracolo, vide un lume traballante nel buio totale della notte e udì una voce che lo rincuorò: “Coraggio Gianni! Sono qui ad aiutarti!”

Era il Vico che dopo sforzi indicibili era riuscito ad arrivare fino a lui.

Giovanni era salvo! Poco dopo riposava ristorato e al caldo sul fornel in una casa di Coi.

Alla mattina, appena si poteva vedere qualcosa partirono da Coi uomini e giovani con sci e racchette e si diressero verso le casette di Col con la grande speranza di trovare lì Gianni: che fosse riuscito ad arrivare fin là.

E fu grande festa ed allegria al suo ritrovamento e fu invitato a correre a casa il più presto possibile per rimettere in pace il cuore della mamma e di tutti quelli che ancora erano in ansia per lui, mentre tutti gli altri procedettero verso Fusine per cominciare ad “aprire” il sentiero.

Nel pomeriggio Gianni e compagni sarebbero ritornati a scuola.

 

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