Il Kik

Di ritorno dalle vacanze Pasquali, la maestra ci aveva portato un bel pallone. Era un vero pallone da calcio, in cuoio e con scritto sopra “Kik”.

Quanto eravamo grati alla nostra cara maestra! Non vedevamo l’ora di uscire a giocare ma, nel cortile c’era ancora neve, e neve bagnata e non si poteva adoperare il nostro Kik che rimaneva a far bella mostra di sé sulla cattedra assieme alla maestra.

Ma venne un giorno che la neve era sparita e sotto era rimasto fango ma noi, eludendo la sorveglianza della maestra, uscimmo lo stesso e cominciammo, fatte due squadre, a calciare il nostro Kik in mezzo al fango che, quando la maestra, accortasi, ci richiamò era mal ridotto, bagnato e sporco di terra.

Rientrammo immediatamente che eravamo molto ubbidienti, ma invece di entrare in aula, ci fermammo nel grande e bianco corridoio a dar le ultime pedate al pallone.

Dopo un po’, visto che non si rientrava, la povera maestra uscì e si mise le mani nei capelli: “Misericordia! Cosa avete combinato!”.

Sulle pareti bianchissime erano rimasti miriadi di stampi del Kik!

“E ora come faremo? Cosa dirà il Podestà? Certo la colpa è mia per volervi troppo bene per accontentarvi in tutto, ed ecco i risultati!” proseguì la maestra ed aveva le lacrime agli occhi.

Il Fino, che era il primo a muoversi di compassione, con voce suadente disse: “Non abbia paura che noi metteremo a posto tutto, faremo noi il lavoro di pulizia ed imbiancatura, lei ci comperi solo il colore grigio per il basamento.

Detto fatto, quando andammo a casa ci mettemmo alla ricerca di pennelli e calce viva per il colore.

Alla mattina si andava a scuola ma invece di entrare in aula ci mettemmo al lavoro alacremente.

Così per alcuni giorni, finché la stanza ritornò più pulita e più bella di prima: era stato un lavoro da … specialisti.

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