Rafflesia, un fiore poco romantico

Il primato del fiore più grande del pianeta spetta a Rafflesia arnoldii, una pianta endemica delle foreste pluviali indonesiane (Borneo e Sumatra). Il suo fiore, che raggiunge il diametro di un metro e pesa undici chili, non sembra proprio adatto ai doni romantici, e non solo per il suo peso eccessivo, il suo colore rossastro e la sua superficie dall’aspetto sgradevolmente vescicoloso ma soprattutto per il suo insopportabile fetore di carne in putrefazione. Su ciò che rimane della pianta, oltre al fiore, c’è ben poco da dire, visto che è priva di clorofilla, priva di foglie, di fusto e di radici. Rafflesia, infatti, è una pianta parassita che vive totalmente a spese della linfa prodotta da una pianta ospite del genere Tetrastigma,  una rampicante della famiglia delle

Rafflesia arnoldii - il fiore circondato da boccioli in maturazione - da wikimedia

Rafflesia arnoldii: il fiore circondato da boccioli. Da Wikipedia

Vitacee a cui appartiene anche la nostra vite. Il “corpo” di Rafflesia è ridotto ad una rete di cellule che si insinua tra le cellule della rampicante e ne assorbe la linfa che essa produce. Mimetizzata all’interno dei tessuti della pianta ospite, Rafflesia è invisibile al nostro sguardo. E’ impossibile notare la sua presenza, a meno che non sia in fase di fioritura. In quel periodo la pianta esprime se stessa nel modo più appariscente. Dalle radici o dal fusto della pianta ospite spuntano dapprima dei piccoli boccioli; lo sviluppo dei boccioli è lentissimo e la maturazione avviene anche dopo un anno. Verso la maturità ciascun bocciolo si trasforma in una specie di verza che alla fine si spalanca emanando il suo più sgradevole fetore. Ma non è facile nemmeno vedere il fiore aperto: esso sopravvive solo per pochi giorni.  L’odore di carne in putrefazione imbroglia coleotteri e altri insetti che la pianta sfrutta per l’impollinazione. La fecondazione è poco probabile dato che i fiori sono unisessuali: affinché vi sia fecondazione gli insetti devono visitare sia un fiore maschile che uno femminile che si trovi nei paraggi. I frutti che si formano, con polpa tenera e semi resistenti, sono mangiati dalle tupaie, piccoli mammiferi simili a scoiattoli, le quali ne favoriscono la disseminazione.

E’ facile capire quanto fragile sia la vita di Rafflesia: la rampicante ospite è di per sé una specie a rischio perché vive soltanto nella foresta primaria, la fioritura è rara ed effimera, l’impollinazione è poco efficace ai fini della fecondazione. Rafflesia arnoldii è riconosciuta ufficialmente come fiore raro e, nonostante l’odore, è considerata una piante “nazionale” emblematica dell’Indonesia, assieme al profumato gelsomino bianco (Jasminum sambac) e all’orchidea della luna (Phalaenopsis amabilis).