Un calendario mondiale

Modificare un calendario non è mai stato facile. La causa di questa “resistenza” al cambiamento non è da ricercare nei problemi matematici insiti nella complessità dei cicli astronomici, bensì nelle profonde connessioni che legano i calendari con gli aspetti religiosi della società come ad esempio il ripetersi delle festività e dei rituali.

I faraoni egiziani, prima di assumere la loro carica, dovevano giurare che non avrebbero cambiato il calendario; qualsiasi cambiamento nel calendario ebraico necessitava di una riunione del Sinedrio; la riforma del calendario gregoriano del 1582 richiese una bolla papale.

Ogni modifica di un calendario sembra essere associata anche ad eventi cruenti.  Giulio Cesare fu assassinato un anno dopo la riforma del calendario romano; Regiomontano morì dopo essere stato invitato dal Papa Sisto IV per discutere la riforma del calendario giuliano; la riforma gregoriana si concluse con tafferugli e spargimenti di sangue; Fabre d’Eglantine, che contribuì alla stesura del calendario rivoluzionario francese, fu messo alla ghigliottina nel 1794.

E’ vero, la storia è costellata di eventi cruenti e alcuni episodi di questo elenco saranno delle pure coincidenze. Rimane il fatto che un calendario è per molti versi un oggetto religioso e, come tale, ogni sua modifica può essere considerata un sacrilegio.  Come scrive Richards nel suo bellissimo libro Mapping Time: The Calendar and Its History:

 “Dove c’è un calendario, c’è quasi sempre una religione e dove c’è una religione c’è sempre un calendario”.

Il calendario gregoriano, attualmente adottato da quasi tutte le nazioni, se dal punto di vista astronomico è ben sincronizzato con l’anno tropico e quindi con i cicli stagionali, dal punto di vista pratico possiede alcuni difetti. Non sono poche le proposte di una sua riforma e semplificazione, sorte soprattutto negli ultimi due secoli.

Il suo difetto principale consiste nello sfasamento del ciclo dei giorni della settimana con il ciclo dei mesi. Ogni mese e ogni anno cominciano con giorni diversi della settimana secondo un ciclo complesso. Gli anni bisestili complicano ulteriormente le cose.

Se gli anni bisestili non fossero necessari, avremmo soltanto 7 diversi calendari, cioè 7 diverse “tipologie di anno” ovvero 7 sequenze di relazioni tra i giorni della settimana e i giorni dell’anno. Per capirci, ci sarebbe un calendario in cui il primo giorno di gennaio cade di lunedì, un altro in cui cade di martedì, ecc. La necessaria intercalazione del 29 febbraio ogni quattro anni produce 14 diversi tipi di calendari: 7 calendari per gli anni non bisestili e 7 per quelli bisestili. Un anno bisestile che inizia con un certo giorno della settimana differisce da un anno non bisestile che inizia con lo stesso giorno: a partire dal 29 febbraio in poi le due sequenze si sfasano di un giorno.

Il ciclo dei 7 giorni della settimana combinato con quello quadriennale dei bisestili, genera un “grande ciclo” di 28 anni chiamato ciclo solare. Ogni 28 anni si ripeterà sicuramente la stessa sequenza dei giorni dell’anno e dei giorni della settimana.

La necessaria regola gregoriana degli anni secolari non semplifica le cose nei confronti dei giorni della settimana: gli anni multipli di 100, pur essendo multipli di 4, sono bisestili solo se sono anche multipli di 400…

Se ci tenete al risparmio non buttate via i vecchi calendari ma, per decidere se davvero vale la pena di cominciare a raccoglierli, fate i conti con la vostra età: ciascuna delle sette tipologie di anno bisestile si ripete una volta sola in 28 anni.

Se qualcuno avesse in mente l’idea sacrilega di semplificare il calendario gregoriano dovrebbe cominciare con qualche semplice calcolo. Il 365 non è divisibile per 7 ma solo per 5 e 73, due numeri tradizionalmente “inutili” ai fini calendariali.  Possiamo però tirar fuori l’utilissimo divisore 7, come un coniglio dal cappello, in questo modo:

$365=364+1=4\times7\times13+1$

oppure, nel caso degli anni bisestili,

$366=364+2=4\times7\times13+2$

Da qui nascono alcune possibilità di semplificazione e, come esempi, descriverò brevemente la proposta di Compte del 1849 e quella di Elisabeth Achelis del 1930. Entrambe le proposte si ispirano all’idea di un autore precedente e meno noto, il filosofo, matematico e teologo italiano Marco Mastrofini (1763-1845). Entrambe le proposte utilizzano queste uguaglianze numeriche per modificare il complesso calendario gregoriano e trasformarlo in un calendario perpetuo.

Auguste Compte (da wikimedia)

Auguste Compte (da wikimedia)

Nel 1849 il filosofo francese Auguste Compte, considerato il padre del Positivismo, propone il suo calendario positivista composto di 13 mesi uguali, tutti di 28 giorni. I 28 giorni sono divisi in 4 settimane e ogni mese comincia sempre di lunedì. In totale fanno 364 giorni. Il 365° giorno è aggiunto alla fine del 13°mese e ogni 4 anni si aggiunge anche il 366° giorno. Questi giorni aggiunti in coda al calendario sono privi di nome settimanale per cui la sequenza non si sfasa e tutti gli anni iniziano sempre con un lunedì: il calendario diventa perpetuo.

La suddivisione in 13 mesi però, più che un problema per i superstiziosi, è un problema pratico: il 13 è un numero primo e il calendario di Compte non consente la divisione dell’anno in bimestri, trimestri, quadrimestri o semestri come facciamo adesso grazie alle proprietà del 12. Forse questo era il difetto principale.

Il calendario di Compte

Il calendario di Compte (da positivists.org)

L’aspetto più curioso della proposta di Compte era la nomenclatura.  Ridenominò i 13 mesi e sostituì i santi della chiesa con i nomi di grandi figure della storia dell’Europa occidentale nei campi della scienza, della religione, della filosofia, dell’industria, della letteratura, della politica.

Evidentemente l’intento principale del filosofo non era tanto quello di semplificare un calendario, quanto quello di proporre una visione del mondo positivista in contrasto alla visione religiosa insita nel calendario gregoriano tradizionale.

I 13 mesi dovevano essere chiamati così: Mosè, Omero, Aristotele, Archimede, Cesare, San Paolo, Carlo Magno, Dante, Gutemberg, Shakespeare, Cartesio, Federico (da Federico II di Prussia) e Bishat. Ogni giorno doveva essere dedicato ad una personalità da onorare, in sostituzione dei santi del calendario cristiano. I personaggi di uno stesso mese avevano in comune lo stesso campo di conoscenza indicato dal “patrono” del mese. Ad esempio il mese di Omero comprendeva, nella prima settimana, Esiodo, Tirteo, Anacreonte, Pindaro, Sofocle, Teocrito ed Eschilo (per un elenco completo dei 558 nomi scelti da Compte, vedi The positivist calendar). Il primo dei giorni aggiunti doveva essere dedicato ai morti e il secondo, quello da inserire soltanto nei giorni bisestili, alle donne.

Il Calendario Mondiale

Elisabeth Achelis

Elisabeth Achelis

Un calendario che invece potrei decidere di sostenere con passione è il Calendario Mondiale proposto nel 1930 da Elisabeth Achelis. L’anno è diviso in quattro trimestri di uguale lunghezza (91 giorni), composti ciascuno da 3 mesi. Il primo mese di ogni trimestre (gennaio, aprile, luglio e ottobre) comincia sempre di domenica e possiede 31 giorni. Gli altri due mesi del trimestre possiedono sempre 30 giorni ciascuno. Per raggiungere i 365 giorni viene aggiunto il giorno W come ultimo giorno dell’anno. Il giorno W è festivo, viene chiamato Worldsday ed è privo di nome settimanale. Negli anni bisestili si aggiunge un altro giorno festivo, il Leapyear Day, indicato sempre con W, inserito dopo il 30 giugno. I vantaggi sono numerosi. Eccone alcuni:

  • Ogni giorno del mese cade sempre nello stesso giorno della settimana (ad esempio il 15 maggio cade sempre di mercoledì).
  • l’anno si divide regolarmente in trimestri uguali tra loro, ciascuno di 91 giorni e contenente lo stesso numero di giorni lavorativi (65) e lo stesso numero di giorni di fine settimana (26).
  • I mesi sono meno diversi tra loro e le diversità sono distribuite in modo più regolare. Escludendo le domeniche, ogni mese possiede lo stesso numero di giorni (26).

Meravigliosa semplicità di un calendario sacrilego.

E’ passato quasi un secolo dal 1930 ma la validità di questo calendario è confermata anche da una linea di continuità, mai interrotta, delle associazioni che si sono spese per la sua adozione, ultima delle quali è la World Calendar Association – International.

Le principali obiezioni e resistenze provengono dai mondi religiosi. La data della Pasqua cristiana, ad esempio, è calcolata secondo una combinazione del ciclo lunare, solare e settimanale (deve cadere la prima domenica dopo il primo plenilunio successivo all’equinozio di marzo). Con il nuovo calendario di Elisabeth Achelis il mondo cristiano dovrebbe decidere, dopo ben 7 secoli, se mantenerla nelle domeniche del vecchio calendario (facendola cadere in un qualsiasi giorno settimanale del nuovo calendario) oppure obbligandola alle sole quattro date possibili del nuovo (il 24 marzo, l’1, 8 o 15 di aprile).

Questo non sarebbe comunque il problema principale. Sono molti gli esempi di ricorrenze e periodi liturgici di varie religioni che seguono indisturbate i loro propri calendari religiosi. Molto più complessa è la questione del giorno W che “rompe” i regolari periodi settimanali di alcuni riti. Le due domeniche, giorni di precetto dei cristiani, i due sabati degli ebrei (sabbath) e degli avventisti, e i due venerdì dei mussulmani (jumu’a) che cadono prima e dopo un giorno W, finiscono per distanziarsi tra loro di un giorno. E questo succede una volta negli anni normali e ben due volte nei bisestili.

Penso che non vedrò mai una riforma del calendario.

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Un testo consigliato: Richards E.G., 1999, Mapping Time: The Calendar and Its History, Oxford Univerisity Press.