La fine

Dopo qualche anno, una domenica di fine inverno ero andato a Venezia per trovare i miei parenti. Ero passato per Rio Marin a prendere il mio amico Salvatore Vella e insieme si recammo dalla nonna Marta. Appena ci vide arrivare ci disse: “E’ stato qui il Fino, è molto ammalato e cammina adagio, se fate in fretta lo potete raggiungere sul pontile di Rialto dove ha detto che si sarebbe recato per prendere il vaporetto per il Lido”.

Non ce lo facemmo ripetere e con passo quasi di corsa, per calli e scorciatoie, che noi bene conoscevamo, raggiungemmo il pontile. Il Fino non era ancora arrivato per cui ci sedemmo pazienti ad aspettare. Dopo un bel po’ lo vedemmo in fondo sulla riva, dopo il ponte di Rialto, che si dirigeva verso il pontile.

Non era più lui: camminava adagio, appoggiandosi di tanto in tanto alle balaustre del Canal Grande. Quando arrivò al pontile e ci vide, il suo viso si rischiarò in un largo sorriso; anche la sua voce diventò più forte e squillante quasi avesse ritrovato d’un tratto tutta la baldanza della sua giovinezza. Sembrava guarito di colpo dalla terribile malattia che lo divorava: “Guarda chi si vede! – disse tutto d’un fiato – non avrei mai immaginato di trovarvi giù e non a Coi, a proposito cercate di venir su subito dopo la scuola che io sono libero, cioè non lavorerò perché sono in convalescenza (?) ed allora ne combineremo di tutti i colori; mi raccomando ci conto, io vado su domani…”.

Le ultime parole le proferì in fretta che il vaporetto aveva attraccato e lui vi saltò su e ci salutava con la mano e un buon “sàni”, sorridendo.

Appena arrivato a Coi si aggravò e dopo pochi giorni morì: aveva 18 anni!

Dopo due anni morì anche l’Albina, nel sanatorio di Belluno, per la stessa malattia.

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