Al Fino ammalato

Era un giorno tutto particolare quello che tutti in paese mangiavano, a mezzogiorno, i casonžìei.

In casa del Fino ne fecero anche in abbondanza, per una volta all’anno che si usciva dalla solita polenta e formaggio. Tutti ebbero la loro bella terrina colma e il nostro amico più di tutti.

Appena gli fu servita il Fino se la fece fuori in un baleno, poi corse dalla mamma a vedere se ne aveva ancora e si mangiò anche quella e, non contento né sazio, portò via anche il piatto all’Albina che era arrivata a metà.

La conclusione di questa bravata fu che il giorno dopo si ritrovò a letto con una terribile indigestione e le pappe di lino calde sullo stomaco.

Quando uno era ammalato lo mettevano a dormire nella stua, tutta foderata in legno lavorato e con fornel che manteneva una calda temperatura.

Il Fino era lì quando una mattina si vide arrivare sulla finestra una palla di neve fresca.

Ero stato io pensando di fargli piacere avvertirlo che nella notte era caduta la prima neve.

La sua gioia fu tale che saltò giù dal letto e dopo aver guardato dalla finestra, con la camiciona bianca e …scalzo, prese la porta e saltando nella neve come un capriolo fere il giro del paese e ritornò di corsa a casa e in letto.

Il giorno dopo si ritrovò con in più la febbre e la bronchite e dovette rimanere a letto per parecchi giorni mentre noi dovevamo aspettare la sua guarigione per iniziare a costruire come ogni anno con la prima neve, la città di Roma nel campo di fronte al fogher dei Cani.

Quando un giorno non ci fu più febbre ed era alzato dal letto il padre gli disse: “Vestiti bene e vai giù a Fusine dal dottore che ti dia qualcosa per quella brutta tosse che ti è rimasta”.

Il Fino partì nella neve e si recò dal medico il quale, dopo averlo visitato, gli diede una scatola di pastiglie da prendere due al giorno. Il Fino si rimise in cammino su per il Carpè sgranocchiando pastiglie a tutto andare tanto che arrivò a casa che la scatola era quasi vuota e, ai rimbrotti del padre, disse beato: “Se ne prendevo due al giorno mi ci voleva un mese per guarire… io le ho mangiate tutte così guarirò anche subito” e, presa la pala, si avviò nel campo di neve a lavorare per la città di Roma.

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